Imprese
APL Network, un ponte tra imprese e lavoratori
Trovare personale è diventato difficile. Trovare quello giusto, ancora di più. In un mercato dove le imprese faticano a colmare i vuoti e i candidati spesso non hanno gli strumenti per farsi scegliere, APL Lavoro Network ha scelto una strada diversa: non limitarsi a reclutare, ma formare e accompagnare. L’agenzia per il lavoro guidata dal fondatore e amministratore Raffaele Cavaliere - insieme ai figli Mario e Roberta - radica nella convinzione che il vero valore aggiunto non sia solo trovare profili, ma costruirli. Come? Affiancando aziende e candidati con un approccio su misura. Parola d’ordine: collaborazione.
Questa lungimirante realtà conta una decina di filiali sul territorio italiano e, di recente, ha aperto la nuova sede amministrativa a Bergamo (in via dell’Industria 8).
Come è nata APL Network?
«Nasce da una lunga carriere nel settore delle risorse umane che ha forgiato quella che è oggi l’azienda. Questo è poi culminato con l’acquisizione di APL e con la fusione delle nostre conoscenze e competenze nel campo delle risorse umane, Quando abbiamo visto emergere il problema della carenza di personale, ho capito che la strada giusta era puntare sulla formazione, benché venisse sottovalutata da molte realtà lavorative».
Qual è la vostra mission?
«In un contesto sempre più competitivo e in continua evoluzione, l’obiettivo è diventare un punto di riferimento stabile, per chi cerca lavoro e per chi lo offre. Non basta più fare da intermediari: oggi servono visione, ascolto e capacità di costruire percorsi condivisi. È proprio in questa direzione che si muove il team di APL: mettendo al centro le persone e le reali esigenze delle aziende».
Come è cambiato il mondo del lavoro negli ultimi anni?
«Domanda e offerta non coincidono più. Il cambiamento è evidente: oggi le imprese fanno sempre più fatica a trovare personale e non si tratta solo di manodopera. Anche nei settori del sanitario, amministrativo o tecnico la ricerca è complessa. Le aziende invecchiano, ma i giovani che escono dall’università cercano benefit, certezze, ruoli che spesso non trovano. Si aspettano una cosa e si ritrovano in tutt’altra realtà. Non è un fenomeno nuovo: già 15 anni fa si iniziava a intravedere la mancanza di operai, ma l’Italia non è stata in grado di agire in modo corretto, né per la tutela delle aziende né per quella dei lavoratori. Così ci ritroviamo, oggi, con dei buchi di personale in diversi settori, poiché i giovani non optano più per determinate professioni. Ad esempio, è diventato più facile inserire nel mondo del lavoro le categorie protette, che non hanno problemi a lavorare full time o in determinate mansioni».
In quale mercato si posiziona APL Network?
«Siamo partiti dalla metalmeccanica, ma oggi siamo generalisti. Lavoriamo nella contabilità, nel settore ospedaliero, nella ristorazione, negli hotel e persino nel nucleare. Negli anni siamo riusciti a costruire una rete solida di lavoratori fidelizzati, che ci permette di sapere in anticipo chi può svolgere un determinato compito. Quando un’azienda ci chiama, sappiamo già a chi proporre l’incarico».
Qual è la vostra specialità?
«La formazione. Abbiamo sviluppato un modello che unisce teoria e pratica. I nostri corsi - finanziati con fondi Forma.Temp - sono pensati per giovani, disoccupati, stranieri, studenti, lavoratori. Li formiamo sul campo e, poi, vengono inseriti in azienda. È vantaggioso da entrambi i lati, perché al lavoratore non costa nulla e all’azienda facciamo risparmiare il più possibile, spesso rimborsando persino i costi sostenuti dall’azienda per aver messo a disposizione la propria struttura. A patto, però, che il cliente si impegni, poi, ad assumere almeno una parte di questi candidati. Offriamo percorsi personalizzati, con livelli base, avanzati e specialistici. I formatori sono offerti da noi, oppure rimborsiamo i costi del formatore che loro scelgono: soprattutto nelle grandi aziende. La formazione è la chiave per colmare il divario tra ciò che le aziende cercano e ciò che i candidati sanno fare».
Quale, invece, la maggiore difficoltà che vi capita di incontrare?
«Far comprendere l’importanza della formazione. Le aziende temono che un lavoratore, una volta formato, possa andarsene. I candidati, d’altra parte, spesso non vogliono formarsi se non vedono un vantaggio immediato. Ma la verità è che non si può lavorare senza saper fare qualcosa. Il mondo del lavoro richiede competenze pratiche, non solo nozioni. Qui servirebbe un vero cambio di mentalità: formare non è una spesa, è un investimento necessario. In un’Italia in cui aziende e lavoratori faticano a incontrarsi, e dove anche lo Stato inizia a premere sull’acceleratore con misure come la maxi deduzione 2025-27 - che agevola anche le assunzioni attraverso le agenzie per il lavoro e premia chi assume a tempo indeterminato - servono strutture capaci di connettere davvero domanda e offerta. Strutture come la nostra».
Come funziona la vostra selezione del personale da proporre poi alle aziende?
«Riceviamo curriculum in tanti modi: via mail, attraverso il nostro sito o anche di persona. Le aziende hanno timori legati a chi assumere, per questo si rivolgono a noi: sono a conoscenza di quale lavoro il nostro staff svolga dietro le quinte. Dopo un primo screening, i nostri recruiter fanno domande mirate per verificare le competenze effettive. Se ad esempio il profilo è tecnico come nel settore metalmeccanico, utilizziamo la nostra officina per testare ogni tipo di saldatura: abbiamo pezzi reali per mettere alla prova gli operai, prima ancora di presentarli all’azienda. Questo ci consente di garantire alle imprese una prima selezione di qualità. E non le lasciamo sole: le affianchiamo per tutto l’iter e anche dopo, se servono nuove risorse».
Perché una nuova sede?
«Nasce come risposta rispetto all’espansione interna che abbiamo visto negli ultimi anni. Prima, la nostra sede principale era a Comun Nuovo, nello stesso stabilimento che ospita l’officina. In totale abbiamo 35 dipendenti sparsi nelle diverse tutte le filiali; nella sede di Bergamo, che è il nostro quartier generale, abbiamo dodici impiegati. Sono degli spazi nuovi, che ci permettono di distinguere meglio il lavoro e di sfruttare un luogo più confortevole e adatto a ogni esigenza. Per noi è un traguardo: a riprova dell’impegno che mettiamo, ogni giorno, in ciò che facciamo».
Cosa vi distingue dagli altri operatori del settore?
«Il nostro sistema è completo. Non presentiamo candidati a scatola chiusa. Ogni profilo è analizzato, testato, valutato. Accompagniamo le aziende in tutto il percorso: dalla definizione del bisogno, alla selezione, alla burocrazia per l’assunzione. Non siamo fornitori, siamo collaboratori veri e propri. Questo ci permette di instaurare relazioni durature, non semplici forniture occasionali».
Ad oggi, nel panorama internazionale, cosa minaccia maggiormente la domanda e l’offerta di lavoro?
«Sicuramente l’instabilità. La guerra nell’Europa dell’Est, la politica dei dazi promossa da Trump o altre decisioni che, oggettivamente, sono al di sopra delle nostre possibilità di controllo, hanno ridotto fortemente la possibilità di assumere. I costi aumentano e regna l’incertezza: non si sa quanto personale possa essere mantenuto nel tempo o come evolverà il mercato del lavoro. Procediamo giorno per giorno: alle aziende, obbligate a prendere decisioni a lungo termine, fa paura».
Melissa Braka