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Economia

PAOLO AGNELLI

«Dobbiamo reagire e darci da fare»

gennaio 2021

Interno giorno. Via San Benedetto. Sede di Confimi Apindustria Bergamo. Mancano pochi giorni alla chiusura del 2020 e anche quest’anno, forse in questo più che mai, non si sfugge al classico bilancio di dicembre.
Riuniti (digitalmente) in assemblea, gli industriali manifatturieri di Bergamo si sono dati appuntamento per tirare le somme di un anno insolito, imprevisto e imprevedibile che oltre a lasciare il segno nella vita di tutti sarà ricordato per la grande crisi economica e sociale.
Ma c’è di più. C’è il domani e non è poi così lontano. Un futuro tanto prossimo quando incerto individuato già nel titolo scelto per l’occasione “Il dopo Covid: quale futuro per le PMI?”.
A provare a rispondere all’interrogativo, il fondatore e presidente Nazionale di Confimi Industria, e presidente di Confimi Apindustria Bergamo, Paolo Agnelli.
Camera fissa. Primo piano. Completo di colore blu, non a caso il colore della sincerità e della visione. Il discorso del presidente Agnelli prende il via.
“Grazie alle istituzioni intervenute e a tutti i colleghi presenti. Anche quest’assemblea, in linea con l’anno che stiamo vivendo, è fuori dalla norma. Siamo abituati a guardarci negli occhi, oggi siamo costretti a esser mediati da uno schermo.
Un anno connotato da preoccupazione, per l’oggi e per il futuro. Un’incertezza che abbiamo voluto esprimere anche nel titolo di questa giornata.
Preoccupazioni frutto di situazioni economiche e industriali differenti, ma anche le difficoltà sono differenti, come lo sono i relativi effetti di due lockdown che hanno toccato in maniera diversa le nostre aziende, la nostra economia.
Il nostro stesso tessuto imprenditoriale locale, come da recente indagine associativa, ha vissuto il 2020 in modo variegato: ci sono aziende che stanno andando bene, altre che registrano perdite contenibili, altre ancora che difficilmente stanno a galla.
È quindi auspicabile, per non dire necessario, che le misure per fronteggiare queste difficoltà siano pensate e studiate per rispondere a queste molteplici situazioni.
Certamente il comparto dei servizi, nelle sue diverse anime e sfumature, e tutta la filiera dell’Horeca sono tra i settori più colpiti. Ma ce ne sono molti altri.
Guardiamo alle misure utilizzate oltralpe perché non possiamo essere europei solo quando vogliamo o ci ricordiamo. La Germania ha deciso di dare alle aziende il 75% del fatturato perso con un prestito a dieci anni con un tasso vicino allo zero. Un prestito destinato quindi a rientrare nelle casse dello stato e talmente basso da non minare la stabilità aziendale.
Noi italiani? Piccole somme a fondo perduto. Ristori irrisori o quasi.
E non vi nascondo che non ripongo molta fiducia nel Recovery Fund. Ancora oggi non è chiaro chi siederà nel board italiano. Solo una certezza: la dinamica delle nostre pmi è molto lontana, quasi remota, rispetto alla gestione delle grandi imprese e delle imprese di Stato, eppure, in un sistema produttivo fatto per oltre il 95% di piccole e medie imprese nessuno di noi imprenditori è stato invitato a sedersi in un consiglio di saggi per la gestione, l’investimento e il controllo di questi fondi europei in arrivo.
Non solo. In Ue indossiamo noi la maglia nera per l’incapacità di valorizzare i fondi europei a disposizione. Non è di certo incoraggiante.
Credo sia importare sottolineare come, viste le aree economiche a cui saranno destinati i fondi del Recovery, sia necessario intervenire prima con delle importanti ma soprattutto coraggiose riforme strutturali. Diamo sempre colpa alla burocrazia quasi dimenticandoci che sia il frutto di processi e procedimenti predeterminati.
Il rischio è infatti quello di rimanere immobili. E noi non possiamo e dobbiamo permetterlo.
Basta quindi aspettare annunciate misure risolutive. Basta piangere e rimuginare sulle ferite. Dobbiamo armarci come fatto da altrettanti imprenditori nel dopoguerra. Dobbiamo reagire e darci da fare. Riprendiamoci con entusiasmo. L’Europa è oggi il nostro principale mercato e non può essere diversamente con i consumi interni mai più contratti di così.
Ci vuole coraggio e dobbiamo pretenderlo dai nostri interlocutori. In Camera di Commercio, nei giorni scorsi, è stato approvato il bilancio previsionale 2021. Ci sono in cassa 31 milioni di euro ma non si possono spendere preferendo piuttosto continuare a fare le formiche. Ma se non in un frangente simile, quando è opportuno spendere questi soldi per il territorio? A cosa servono quindi questi enti se non a supportare il tessuto produttivo?
È sì un interrogativo ma al tempo stesso vuol essere una provocazione. Un incitamento per tutti noi e per le forze politiche che hanno accettato il nostro invito a un confronto quest’oggi”.
Interno giorno. Sala municipale di Palazzo Frizzoni. E ancora, Palazzo Lombardia. Grazie per il loro intervento al sindaco Giorgio Gori, all’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Alessandro Mattinzoli, al vicepresidente lombardo Fabrizio SalaEleonora Niro


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