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Economia

Giorgia Meloni

«Coerenza, sostegno alle imprese, presenza sul territorio e voto al più presto: la road map di FDI»

agosto 2021

Giorgia Meloni ospite a Bergamo. La leader di Fratelli d’Italia ha incontrato istituzioni e imprenditori del territorio per un pranzo al Roof Garden, dove si è presentata accompagnata da Daniela Santanchè. Tra gli invitati al pranzo, il presidente di Confimi Industria Paolo Agnelli, il vice presidente di Radici Group Maurizio Radici, il numero uno di Costim Francesco Percassi, il vice presidente di Confindustria Bergamo, Olivo Foglieni, il ceo di Italcementi Roberto Callieri. Abbiamo avuto l’opportunità di farle alcune domande.

On. Meloni, la prima domanda non può che riguardare la sfida che dobbiamo affrontare dopo la pandemia.
Occorre rimboccarsi le maniche e ripartire. Mettere in condizione gli italiani di tornare a lavorare. Snellire la burocrazia e completare finalmente tutte quelle riforme che sono state rinviate per anni: dalla giustizia alla pubblica amministrazione, dal codice degli appalti alla digitalizzazione. Sono interventi che anche l’Ue ci chiede e dei quali per ora conosciamo soltanto i titoli. Il rischio concreto è che, con un governo e una maggioranza così variegati e divisi, si producano soltanto compromessi al ribasso. È quello che in fondo abbiamo visto in questi primi mesi di Draghi: al netto della credibilità personale del premier e della scelta corretta di sostituire Arcuri con il generale Figliuolo, abbiamo notato troppa continuità con l’ultimo governo Conte. Nelle scelte sulle riaperture e sul contrasto al virus, nelle modalità di sostegno - debole e tardivo - alle imprese stremate da un anno di chiusure. Anche per questo da sempre credo che ci sia bisogno di un esecutivo che abbia idee chiare, una maggioranza compatta, coesa, che ha una visione compatibile e un forte mandato popolare. Tutto questo il governo attuale non ce l’ha. E quindi credo che alla fine sulle grandi scelte avrà sempre difficoltà a dare un indirizzo chiaro alla Nazione. Per questo bisogna tornare al più presto al voto.

Pnrr, Recovery fund, patto di stabilità: tanti strumenti, che lei non sempre ha condiviso nella sostanza o nel modo.
Noi siamo sempre stati attenti nel difendere gli interessi della nostra Nazione. Abbiamo sostenuto gli eurobond che sono alla base del Recovery Fund, che anzi avremmo voluto più coraggioso, più rapido, più ampio, composto in proporzione maggiore da stanziamenti piuttosto che da prestiti. E siamo stati i primi a denunciare i rischi che porta con sè il ritorno al Patto di stabilità dal 1 gennaio 2023. Ritornare all’austerità e ai percorsi di rientro dal debito al termine di una pandemia che ha costretto ad aumentare ulteriormente il debito stesso, il tutto mentre siamo impegnati da un lato a mettere a terra le riforme e gli investimenti del Pnrr, e dall’altro a ripagare quel debito, rischia di provocare una tragedia. Si potrebbe arrivare all’interruzione delle erogazioni del Recovery, a meno che non si torni alla macelleria sociale e ai tagli lineari per rispettare quei parametri. Una follia. Denunciare questi rischi e fare appello a tutti per una immediata revisione del Patto di stabilità non è essere anti-europei,  ma difendere gli interessi nazionali, come fanno gli altri Stati europei. Così com’è un atteggiamento patriottico e non anti-europeo chiedere di sospendere la nuova regolamentazione EBA sullo scoperto bancario che, quando cesserà la nostra moratoria sui mutui, rischia di provocare un’ecatombe su famiglie e imprese. Lo hanno denunciato l’Abi e tutte le più importanti associazioni imprenditoriali italiane e noi abbiamo sposato questo appello, ma siamo rimasti finora inascoltati. Quanto al Pnrr italiano,  certamente non ci è piaciuto il metodo, perché un documento così corposo e decisivo per le sorti della nazione meritava un dibattito parlamentare più approfondito. Nel merito mi riservo di valutare, come sempre, ogni singolo provvedimento su cui faremo le nostre proposte migliorative, come sempre con il solo obiettivo di difendere l’Italia.

Che altre misure state valutando per aiutare le imprese nella ripresa?
Si parla tanto in questi giorni del blocco dei licenziamenti. E certamente alcuni comportamenti arbitrari e draconiani come nel caso Gkn non sono accettabili. Purtroppo però non basta bloccare i licenziamenti per salvare posti di lavoro, bastasse un editto del governo sarebbe tutto più facile. Il vero problema da affrontare è che il 40% delle aziende rischia la chiusura, con il risultato che milioni di italiani finirebbero per strada in ogni caso. Bisogna concentrarsi sulla tenuta delle imprese, sulla loro continuità. Per paradosso, imponendo il blocco dei licenziamenti si favoriscono i più spregiudicati, quelli che non si fanno scrupolo a chiudere l’attività, licenziando tutti e magari non pagando tasse e fornitori, per poi riaprire una nuova attività con una diversa ragione sociale. Dovremmo invece aiutare gli imprenditori che assicurano la continuità d’impresa. Noi abbiamo proposto, per esempio, l’unificazione degli anni fiscali 2020-21 per pagare le tasse giuste nel 2022, e un regime fiscale di favore per chi resiste e mantiene i livelli occupazionali. Più in generale: è tempo di uno shock fiscale a favore di famiglie e imprese. Soltanto rilanciando la crescita, lo sviluppo e l’occupazione potremo ripartire davvero e anche assicurare la sostenibilità del debito pubblico nel medio periodo.

Il futuro del centrodestra e di Fratelli d’Italia: soli o con gli alleati storici? La scelta di essere un partito distinto e dotato delle proprie prerogative fin qui ha pagato?
Direi che ha pagato la nostra coerenza. Il centrodestra, a differenza di altre coalizioni, sta insieme per scelta e non per convenienza politica come accade a sinistra. E questo è l’elemento che conta di più. Vinciamo queste amministrative e, appena agli italiani sarà data la possibilità di votare, saremo pronti a governare l’Italia. La coalizione regge e noi lavoriamo costantemente per l’unità. Ma unità non significa uniformità: non credo che oggi sia utile ragionare su un partito unico del centrodestra, noi ci siamo passati e abbiamo fondato Fratelli d’Italia quando abbiamo constatato che l’allora PDL non era più in grado di rappresentare con pari dignità le diverse sensibilità del centrodestra, che hanno un perimetro comune ma restano comunque diverse.

Può accennarci qualcosa della vostra road map di qui alle elezioni?
Innanzitutto io mi auguro che si voti al più presto. Non trova strano che si possa votare nel collegio di Siena per dare una poltrona al segretario del Pd Enrico Letta e poi si impedisca a milioni di italiani di decidere a chi affidare la guida della Nazione? Questa è la premessa. Il primo traguardo è vincere e fornire giunte all’altezza, capaci di risolvere i problemi, nelle città e Regioni al voto: Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Calabria. Poi mi auguro che, appena eletto il Capo dello Stato, quindi nel 2022, si vada al voto per eleggere un nuovo Parlamento e dare all’Italia, finalmente, un governo legittimato dal voto popolare. FdI si siederà al tavolo con gli alleati, Fi e Lega, per elaborare, come abbiamo sempre fatto, un programma chiaro e concreto. Pochi punti realizzabili senza libro dei sogni. L’obiettivo è rimettere in moto l’Italia, far ripartire il tessuto produttivo, dare sostegno alle famiglie e rendere i nostri confini sicuri e non il porto d’Europa. Nel frattempo continuiamo ad ascoltare l’Italia reale, le categorie economiche, i territori, e a formare e selezionare classe dirigente per farci trovare pronti alla sfida del governo.

In tema di Europa, cosa ci può dire? Non è certo mistero che si sia espressa più volte a favore di una minore ingerenza UE negli affari che riguardano i singoli Stati.
Spesso ci rimproverano di essere anti-europei. Non è vero. Diciamo solo che l’Ue così com’è non va bene. E, in effetti, un superstato burocratico è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Questa è un’Europa che decide cosa dobbiamo mangiare a tavola e che poi volta le spalle ai suoi cittadini sulle questioni veramente importanti. Sogno l’Europa delle patrie di De Gaulle, quella delle identità nazionali e del rispetto della sovranità di ciascuna Nazione. Che però è anche quella che sa avere una visione. Un’Europa confederale fondata sulla sussidiarietà, alternativa al disegno federale e centralista delle sinistre. Il mio modello è un’Europa che parli con una voce solo sulla politica estera, sulle grandi emergenze sanitarie, come sarebbe dovuto avvenire con la pandemia. Oggi abbiamo un’Ue in cui ci dicono come cucinare gli insetti e poi in Libia si va in ordine sparso. Noi abbiamo firmato un documento con altri importanti partiti europei per raccontare un altro modello d’Europa. Per questo modello io mi batto anche da presidente del partito dei Conservatori europei, una delle famiglie più storiche, rispettate e in crescita del panorama politico continentale.

Dal suo punto di vista di leader politica e donna: siamo ancora piuttosto indietro su un’efficace prassi di prevenzione della violenza sulle donne, che dovrebbe partire dall’educazione, cosa ne pensa?
Purtroppo la violenza sulle donne è una realtà evidente a tutti. Il fenomeno del femminicidio rimane una delle emergenze sociali più gravi che affrontiamo in Italia. In media ogni due giorni viene uccisa una donna solo perché donna, e per lo più questo accade nell’ambito delle relazioni sentimentali e familiari. L’attenzione deve essere massima e l’impegno deve essere sia sul piano culturale che giuridico. A partire dalla certezza della pena: nessuna scorciatoia e nessuno sconto per chi commetta violenza sulle donne. Le leggi vanno implementate e rese operative concretamente. E le vittime che denunciano non vanno lasciate sole. Agli interventi normativi deve aggiungersi un impegno culturale, un cambio di passo e di mentalità e l’educazione al rispetto della donna.

Lei è ogni anno a settembre  la protagonista di Atreju, che vede partecipare migliaia di giovani: cosa si può fare oggi per coinvolgere di più i giovani nell’impegno civile e nel fare qualcosa di utile per la collettività?
Atreju nasce alla fine degli anni ‘90 come festa nazionale di Azione Giovani, l’allora movimento giovanile di Alleanza Nazionale. Da allora è cresciuta molto e oggi rappresenta qualcosa di straordinario. E si potrebbe affermare che questo appuntamento annuale sia stato la culla della classe dirigente di Fratelli d’Italia. Ma non solo: ad Atreju ma anche nel nostro movimento giovanile si è formata una parte della classe dirigente dell’Italia. In tanti tra coloro che hanno imboccato una strada diversa dalla politica oggi ricoprono ruoli apicali in strutture pubbliche e private. Grazie ad Atreju e all’impegno di molti giovani iscritti al nostro partito,  siamo riusciti a creare un luogo di incontro e di confronto in cui ognuno porta qualcosa di suo e lo condivide con gli altri. Ai giovani chiedo di non accontentarsi mai della risposta più banale, di non accettare mai la soluzione più comoda, di non scegliere mai per conformismo, ma di credere sempre in quello che fanno. È secondo me la cosa più importante.

Fratelli d’Italia sta crescendo rapidamente sul territorio nazionale, che rapporto avete con i circoli locali che stanno sorgendo? Saranno importanti nella vostra strategia verso le elezioni?
I circoli svolgono una funzione fondamentale. Grazie ai circoli e ai militanti le idee, le battaglie, le proposte di Fratelli d’Italia arrivano sui territori. Nel fine settimana scorso i militanti di FdI hanno organizzato banchetti nelle piazze italiane per dire no alla ddl Zan. Il radicamento territoriale è centrale nella nostra azione politica. Sui territori si forma la classe dirigente di FdI. Noi forse siamo l’unico partito in cui, prima di approdare in Parlamento, i nostri deputati e senatori hanno fatto tutta la trafila: consigliere comunale, provinciale, regionale e poi Parlamento. Da noi non esistono scorciatoie. E sento ancora la vulgata: FdI non ha classe dirigente all’altezza. Sfido chiunque a dimostrare di avere una classe dirigente più preparata della nostra.

Per quanto riguarda Bergamo, che ha oggi visitato, puntate, come centrodestra, a riconquistarla? Che messaggio vuole lanciare ai bergamaschi dopo due anni così difficili?
Certo che puntiamo a vincere in questa città, così come puntiamo a strappare alla sinistra ogni centimetro d’Italia. Bergamo è una città meravigliosa. In questi ultimi due anni si è dovuta confrontare con morte e paura. Ricordiamo ancora i camion dell’esercito in coda pieni zeppi di bare durante la prima ondata. Qui il Covid ha colpito duro, in quei giorni terribili decidemmo con la fondazione Alleanza Nazionale di donare 500mila euro, raccolti principalmente grazie agli stipendi mensili donati dai nostri parlamentari, all’ospedale Papa Giovanni per far fronte a spese sempre più elevate nell’organizzazione della risposta al Covid. Un piccolo gesto che non abbiamo voluto sbandierare ma che sono orgogliosa di avere promosso, perché quando si può si deve dare l’esempio. Come fanno oggi i bergamaschi, un popolo fiero che non molla mai e che si è rimesso al lavoro per rilanciare questa terra bellissima. Bisogna ripartire e Fratelli d’Italia è al loro fianco.

Arianna Mossali

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