PUBBLICITA'

Territorio

MODA

Levrieri e zampate di leopardo, quando la moda parla bergamasco

novembre 2015

Il sentire comune vuole che Bergamo sia zona di imprese edili, metallurgiche e bottonifici, eppure basterebbe spostare lo sguardo per realizzare come il terreno ai piedi delle Mura si sia rivelato fertile anche per il settore della moda. Del resto, si sa che gli italiani sono un popolo di poeti, navigatori e - più che santi - di sarti. Potevamo forse esimerci dall’essere città di creativi a punta di ago e filo? Iniziamo, quindi, un breve viaggio di due puntate ripercorrendo la storia dei bergamaschi che hanno dettato legge in fatto di stile.
Cronologicamente parlando, il primo a intuire che non di sola calce e cemento potessero vivere i suoi concittadini fu Dante Trussardi, che nel 1911 aprì un laboratorio di produzione di guanti in pelle. La svolta arrivò negli anni Settanta, quando il brillante nipote Nicola, coadiuvato dalla moglie Maria Luisa, decise che fosse ora di allargare i propri orizzonti: dapprima i coniugi Trussardi spaziarono nella pelletteria, per poi passare all’abbigliamento. Ed è nei ricchi anni Ottanta che il marchio conosce la gloria: nascono la linea di prêt-à-porter femminile, la collezione uomo, il brand Trussardi Jeans e persino una serie di profumi (per un totale di 28 fragranze). Nel 1985 conta 120 punti vendita nel mondo, ma è nel decennio successivo che inaugurano le boutique monomarca in Asia e Nord America.
Oggi il Levriero non è soltanto sinonimo di (bel) vestire, ma anche di home decor e arredamento, cucina stellata (il ristorante Trussardi alla Scala vanta due stelle Michelin) e arte, fronte di cui si occupa la fondazione guidata da Beatrice Trussardi. La scalata al successo sul piano professionale è tristemente coincisa, a cavallo del millennio, con una serie di tragedie familiari: la morte del patron Nicola, nel 1999, cui seguì quella del primogenito Francesco, nel 2003, entrambi vittime di incidenti stradali.
Attualmente presiede il gruppo la signora Maria Luisa, aiutata dai figli Gaia (direttore creativo) e Tomaso (CEO), il cui nome riempie le pagine dei rotocalchi rosa per la sua relazione con Michelle Hunziker.
Può una maestra elementare innamorata dei vestiti delle sue bambole diventare una delle grandi signore della moda italiana? Sì, se si chiama Mariuccia Mandelli - in arte Krizia - (nome preso a prestito dall’ultimo Dialogo di Platone).
È così che la stilista sceglie di battezzarsi per il debutto sulle passerelle, nel 1957: è l’anno dei  famosi “abiti-frutta”, entrati di diritto nei manuali di storia del costume. Ma il vero successo arriva nel 1964, con la prima sfilata a Palazzo Pitti: una collezione di rottura, che le vale il premio “Critica della moda”. Sarà solo il primo di tanti traguardi: Krizia sdogana gli “hot pants” (vincendo il “Tiberio d’oro”), inventa il plissé orizzontale, gli abiti a calla e quelli a farfalla. Costante, di decade in decade, la ricerca dei materiali: velluto cellophanato, sughero, gomma di pesce, pelle d’anguilla, lapin stampato da felino.
Perché gli animali sono un segno distintivo della Commendatrice della Repubblica Italiana, che ad ogni stagione ne sceglie uno come portafortuna; primissima una pecorella, sostituita da volpi, tucani, cobra, scimmie e coccodrilli, fino al “marchio di fabbrica”: la zampata del leopardo sulla spalla. L’audacia è il suo tratto distintivo e osare le vale il soprannome di “Crazy Krizia”.
Tra l’apertura dei monomarca in giro per il globo e la stipula di varie licenze - dalla pelletteria, fino allo champagne - a partire dal 1985 il quartiere generale del brand, in via Manin, a Milano, è diventato uno dei fulcri della vita intellettuale del capoluogo, con conferenze, vernissage e concerti.
Donna dal carattere non facile, è stata tra le poche a scontrarsi apertamente con la diavolessa impradata Anna Wintour, direttrice di Vogue America. Nel 2014, alla soglia dai 90 anni, l’annuncio del ritiro dalle scene, con la vendita del marchio alla cinese Zhu Chongyun.
Non è dato sapere se attualmente Mariuccia si sia trasferita nell’isola di Barbuda, dove nel 1989 costruì un resort esclusivo con campi da golf, tennis e tre miglia di spiaggia rosa. 
Rossella Martinelli

Copyright © 2015, Bergamo Economia
PUBBLICITA'