Economia
Gandi sul primo anno da “usato sicuro” nella Giunta Carnevali «Candidarmi a primo cittadino? Mai»
È passato un anno dall’inizio del suo terzo mandato nel ruolo - più che rodato - di vicesindaco: una decade in qualità di vicario di Giorgio Gori e, dallo scorso giugno, braccio destro di Elena Carnevali. Un incarico che, da subito, Sergio Gandi accettò di buon grado, definendosi, ironicamente, «un usato sicuro».
Ma, a conti fatti, questa “prima terza volta” si è rivelata più insidiosa del previsto; a procurargli qualche grattacapo (di cui parleremo lungamente nel corso di questa intervista) l’autunno “caldo” che ha caratterizzato alcune istituzioni culturali orobiche, giacché Gandi - oltre alle deleghe relative a Bilancio e Commercio - è assessore alla Cultura della Città dei Mille.
Partiamo da una doverosa premessa, zittendo quanti ebbero da ridere in merito a tale nomina. Ovvero: cosa c’entra un giuslavorista con la cultura?
Ebbene: Gandi è socio di Lab80 dal 1988. «Ad avvicinarmi al mondo del cinema - che insieme alla letteratura, ai viaggi e alla cucina, rappresenta le mie grandi passioni - fu il mio insegnante di storia e filosofia al Lussana, il professor Enzo Quarenghi. Durante il periodo universitario, partecipavo anche ai festival: arrivavo a guardare otto film al giorno! Fu in quegli anni che diventai amico di Erik Gandini (regista bergamasco, naturalizzato svedese, autore di «Videocracy - Basta apparire»: un discusso documentario presentato al Festival di Venezia nel 2009, che criticava l’impero mediatico di Berlusconi, analizzando le sue conseguenze su politica e società, ndr)». Non solo cinema: lettore vorace («possiedo più libri di quanti ne riesca a leggere») e assiduo frequentatore – da tempi non sospetti – di mostre, spettacoli teatrali, conferenze e concerti.
Facciamo un bilancio di questo anno nella giunta Carnevali.
«Mi ha stupito che la nuova sindaca mi assegnasse deleghe parzialmente diverse, rispetto a quelle passate: soprattutto la cultura. A distanza di un anno, la ringrazio per avermi offerto un’enorme occasione di crescita personale. Certo, inizialmente percepivo un filo di diffidenza nei miei confronti: legittima, considerato che mi ero sempre occupato di tutt’altro. In questi dodici mesi ho cercato di approfondire ulteriormente le mie conoscenze; inoltre, ho potuto contare sul supporto di professionisti competenti: su tutti, Arianna Bertone, che già collaborava con Nadia Ghisalberti. Ho mantenuto la delega al Bilancio: una questione molto tecnica, ma relativamente alla quale ho ormai maturato dimestichezza. Pure il Commerciò è impegnativo, ma alle spalle vanta un’ottima struttura di sostegno, coadiuvata dal DUC (distretto urbano del commercio) e dalle associazioni di categoria».
Torniamo alla Cultura.
«È tosta: ma, ogni giorno, mi trovo di fronte a qualcosa di nuovo e di strabiliante. Di recente, ho scoperto “Up to you”: un festival teatrale organizzato da under 30, con un cartellone che invita a riflettere sui confini generazionali. Innovativo e affascinante: così come lo è “Orlando”. Bergamo è una città incredibile, che vive un perenne fermento intellettuale: sa sperimentare, senza dimenticare di valorizzare pietre miliari come il Festival Pianistico internazionale Brescia e Bergamo, la stagione di prosa (appena presentata e di cui parliamo a pagina 26 e 27, ndr), il Bergamo Jazz Festival o il Donizetti Opera Festival. Persino l’estate è ricca di eventi: penso alle quindici date già previste al Lazzaretto, ai concerti in piazzale degli Alpini o alle iniziative previste per Sant’Alessandro».
Nell’ultimo anno e mezzo, Bergamo ha ospitato le personali di alcune leggende viventi dell’arte contemporanea.
«Quante città, in un lasso di tempo così breve, possono fregiarsi dei nomi di Yayoi Kusama, Marina Abramovi? e Maurizio Cattelan (la sua “Season”, curata da GAMeC, aprirà i battenti il 7 giugno; Kusama e Abramovi? sono merito di The Blank e Gres Art 671, ndr)? Frutto della virtuosa collaborazione tra pubblico e privato: non solo grandi realtà imprenditoriali, ma anche associazioni di cittadini, come nel caso di Bergamo Scienza, diventata una fondazione di fama internazionale. È stupefacente constatare la quantità e la qualità di sapere che si genera nella nostra comunità».
Al punto da essere designata Capitale italiana della Cultura, nel 2023.
«Non è stato un incidente di percorso, né una gratificazione dettata unicamente dal fatto che fosse stata flagellata - insieme a Brescia - dal Covid. Giorgio Gori e Nadia Ghisalberti, così come Emilio Del Bono e Laura Castelletti, hanno potuto lavorare su un terreno decisamente fertile».
L’autunno dell’assessorato alla Cultura è stato movimentato: da un lato il preannunciato addio di Francesco Micheli, storico direttore del Festival Donizetti Opera; dall’altro, le dimissioni - a soli otto mesi dalla nomina alla direzione dell'Accademia Carrara - di Martina Bagnoli. Qualcuno lasciò intendere che parte della colpa fosse sua: reo di aver accettato troppe deleghe.
«La vicenda di Micheli ha a che fare con la naturale conclusione di un percorso, durato un decennio, in cui entrambe le parti erano d’accordo. La questione Carrara è stata, purtroppo, ben diversa e dolorosa: come è noto, la direttrice scientifica e il general manager, Giampietro Bonaldi, sono entrati in rotta di collisione. Io e la sindaca abbiamo tentato in ogni modo di trovare una soluzione: ci eravamo persino riusciti, mettendo nero su bianco la ripartizione delle competenze, approvate anche dai membri del CdA. Ma Bagnoli ha ritenuto di non accettare la proposta, avanzando richieste non in linea con il ruolo per il quale era stata selezionata: accoglierle, avrebbe generato ulteriori problemi».
È soddisfatto dei loro successori, Riccardo Frizza e Maria Luisa Pacelli?
«Sapevo che Frizza fosse un grande artista: per lui, parla il suo curriculum. Ma a colpirmi è stata la sua signorilità: mi ha accolto come se mi conoscesse da sempre. Maria Luisa Pacelli è molto disponibile, competente. Con Bonaldi ha trovato un incastro perfetto: è un binomio che funziona bene. Sono certo che la programmazione della Carrara, per i prossimi anni, regalerà parecchie soddisfazioni».
Come è stato il decennio da vice di Giorgio Gori?
«Credo che, inizialmente, mi vedesse come un elemento di freno, in virtù di alcune mie prese di posizione. E dire che, solitamente, quello impetuoso sono io! Quando si convince di una cosa - pur ascoltando il parere degli altri - persiste in quella direzione. Un esempio? Il parcheggio della Fara. Tutti a dargli contro, ma lui era sicuro che fosse la soluzione giusta: aveva ragione. Ecco, in dieci anni, l’ho visto sbagliarsi poche volte. Sulle prime, il nostro antagonismo era evidente: poi, sono diventato il suo più strenuo sostenitore. Ho conosciuto poche persone efficaci e capaci come lui: dotate di una visione così lucida, organizzativa. Giorgio è estremamente riservato, eppure generoso: non si nega al prossimo. Ha qualità e competenze pressoché uniche, di cui il PD avrebbe grande bisogno: anche in ruoli più rilevanti».
Elena Carnevali.
«La conosco da sempre: siamo amici. È molto empatica, fisica, vicina alla gente. È più politica: pertanto, abituata a metabolizzare le cose ed essere maggiormente equilibrata nella proposta. Il suo approccio femminile la aiuta nel rapportarsi alla città e alle sue problematiche. È supremamente meticolosa: si addentra in ogni questione, vuole sviscerarla».
Due sindaci diversissimi.
«Giorgio è asciutto. Elena è materna. Se Giorgio è una linea dritta, Elena è una linea tonda. Non potrebbero essere più diversi: eppure, entrambi, sono dotati di grande personalità e umanità».
Umanità e competenza caratterizzano anche colei che l’ha preceduta nel ruolo di assessore alla Cultura: Nadia Ghisalberti.
«È stata lei a suggerire il mio nome alla sindaca. Mi ha sorpreso venirne a conoscenza: durante la sua decade da assessore, chissà quante figure ben più competenti del sottoscritto avrà conosciuto! A Nadia e suo marito, Giuseppe Remuzzi, mi lega un sentimento di stima e amicizia. In questi mesi non si è mai negata quando le ho chiesto consiglio. Mi ha lasciato in dote diversi doni preziosi: a partire dal libro in cui ripercorre i dieci anni a servizio della cultura. Inoltre, mi ha indicato le modalità di relazione con i diversi soggetti».
L’assessorato alla Cultura prevede conferenze stampa pressoché quotidiane.
«Ammetto che, al principio, il dover parlare di fronte a una platea ogni giorno, mi creava un po’ d’ansia: per me era un settore nuovo e, in aggiunta, avevo tutti gli occhi puntati addosso per l’affaire Carrara».
Non deve essere semplice conciliare i tanti ruoli amministrativi con la professione forense. Senza dimenticare la famiglia: ha due bambini ancora piccoli (Alessandro, 2012 e Riccardo, 2016) e una moglie avvocato, Elena Aceti.
«Mi rendo conto di come - mio malgrado, essendo un grande sostenitore della parità di genere - abbia inevitabilmente concorso a penalizzare la carriera di mia moglie. Pur cercando di esserci il più possibile, senza mai sottrarmi agli impegni domestici, è su di lei che grava maggiormente il nostro ménage familiare. Elena è dotata di pazienza e disponibilità non comuni. Un grazie, doveroso, va anche ai nonni materni: ci danno una mano enorme».
Fate il pieno di “tempo di qualità” in agosto, con dei viaggi pazzeschi.
«Sarà che ho perso mio padre quando ero un ragazzino ed eravamo una famiglia di sei: durante la mia infanzia, avrò fatto sì e no una vacanza, con lui. Diventato genitore, ho pensato che non ci fosse nulla di più bello di mostrare il mondo ai propri bambini: insieme, ogni estate, costruiamo i ricordi di cui io ero privo. Ho una predilezione per il Sud-est asiatico: Thailandia, Sri Lanka, Malesia. Luoghi incantevoli, privi di pericoli, i cui abitanti ti accolgono con il sorriso. Inoltre, posso coltivare la mia passione per le immersioni: lo scorso agosto mi sono imbattuto in uno squalo balena».
Quale film associa ai suoi figli?
«La saga de “L’era glaciale” è il baluardo della loro infanzia: l’abbiamo vista centinaia di volte. Poi, siamo passati ai vari “Jurassic World”. L’ultima pellicola vista insieme? Un titolo adolescenziale: “17 again - Ritorno al liceo”».
Film preferito?
«”Mission”, di Roland Joffé, con uno straordinario Robert De Niro e un cast stellare che contempla Liam Neeson e Jeremy Irons. Colonna sonora di Ennio Morricone. È stata la prima pellicola che ho visto con Lab80».
Ora che abbiamo rotto il ghiaccio, posso allargarmi: arriverà mai il momento in cui si concepirà come “politico a tempo pieno” e si concederà di correre per la poltrona di sindaco di Bergamo, smettendo di essere un vice?
«Mai. Perché dovrei rinunciare al mio studio e alla professione di avvocato, in cui ho investito tante decadi della mia vita. Così come amo il mio lavoro, mi ha conquistato il poter fare qualcosa per la mia città. Vivo un perenne paradosso: quando trascorro intere giornate a palazzo Frizzoni, mi manca il mio studio, mentre quando sono in studio, mi manca il Comune. So che prima o poi dovrò andare in pensione, mollare tutto: sono consapevole che sarà dura staccarsi serenamente da questi ruoli».
Rossella Martinelli