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Economia

IN VATICANO

"Come il Vaticano ripensa economia e società"

novembre 2015

Via della Conciliazione, Roma. Siamo nella grande via della capitale che trionfalmente conduce da Castel S. Angelo a Piazza San Pietro. Più precisamente ci troviamo nella sede centrale di Radio Vaticana. In questi giorni la Santa Sede è al centro dell’attenzione dei media per via dell’imminente inizio dell’Anno Giubilare e per alcune notizie di attualità. Sono le ore di massima pressione internazionale sulla sala stampa vaticana e siamo tesi: temiamo che il contesto  possa far saltare l’intervista. Presto le nostre preoccupazioni svaniscono. Nel ritmico via vai della sala d’ingresso della radio Padre Lombardi esce dall’ascensore, solo, carico della stanchezza di chi ha avuto una giornata di lavoro molto intensa. Con voce calma e tenue ci saluta invitandoci ad entrare nella sala dove si svolgerà l’intervista. Rimaniamo piacevolmente spiazzati da come una figura così vicina al vertice della Chiesa - già Superiore Provinciale dei Gesuiti Italiani -, con posizioni di assoluto rilievo in Vaticano negli ultimi tre pontificati, si approcci con semplicità e naturalezza a due giovani giornalisti di una testata locale come la nostra. Padre Lombardi pare inizialmente un po’ stanco, ma nel corso dell’intervista emergono la passione ed il trasporto con cui vive il suo compito. Progressivamente la voce si ravviva, la mimica e le mani si animano come se l’entusiasmo di un uomo, l’amore per la propria missione, potesse sollevarlo completamente dal peso di una dura giornata. Dopo le presentazioni ed i saluti iniziali cominciamo con l’intervista.

Padre. Potrebbe spiegarci meglio qual è il suo ruolo oggi all’interno della Chiesa?
Certamente. Ricopro il ruolo che viene  comunemente chiamato “Il portavoce del Papa”, anche se il mio compito è più ampio. Svolgo servizio di comunicazione per la Chiesa che è comunicatrice per natura perché si propone di trasmettere la Parola di Dio. Io cerco di inserirmi in questa dimensione con il ruolo specifico che consiste nell’informare sull’attività e le intenzioni del Papa. Con Radio Vaticana svolgiamo questo ruolo tramite una prospettiva molto internazionale perché parliamo una quarantina di lingue e questo mi appassiona molto. Il fatto di essere in una comunità così internazionale, multilingue e multiculturale, pensare che serviamo  per inviare messaggi positivi a tutto il mondo, con le sue diverse culture, è un aspetto che mi entusiasma molto. La sala stampa ci mette sul fronte del rapporto tra la Chiesa ed il mondo. Non a caso ci proponiamo anche di portare verso il Papa ed il Vaticano le domande che vengono da tutto il mondo.

Papa Francesco ha indetto un Giubileo straordinario. Qual è il senso di avere un Giubileo in una situazione socio-economica di crisi come quella attuale?
Per essere molto onesti penso che il Giubileo della Misericordia vada visto come il Giubileo della Misericordia. Quindi una grande occasione per annunciare la Misericordia di Dio: questo è quello che Papa Francesco ha inteso. Un evento fondamentalmente spirituale, molto in linea con il pontificato che fin dall’inizio è stato un annuncio della Misericordia di Dio. A mio avviso, dal punto di vista spirituale, è questo il motivo principale dell’attrazione della gente verso Papa Francesco. Ricordare che Dio vuole bene a tutti, Dio è perdono per tutti, tenerezza, amore, che la porta non è chiusa per nessuno, che non c’è cosa di cui non si possa essere perdonati; è stata, ed è tutt’ora, la chiave vera dell’attrazione, del fascino, di questo pontificato. Questo Giubileo è un rilancio, articolato e sistematico, di questo messaggio. Questo Giubileo intende essere di grande conforto ed incoraggiamento dal punto di vista spirituale. Un messaggio di serenità di pace e di conforto per le persone. In situazioni di crisi un forte messaggio di fiducia, di pace, di serenità spirituale è certamente un servizio per un mondo che si sente disorientato ed in difficoltà. Il Giubileo può mettere le premesse affinché la gente viva ed affronti le situazioni, anche quelle più difficili,  con più confidenza, con più serenità, promuovendo lo sviluppo della società in termini di solidarietà, di amore e di attenzione... tutto ciò accidenti se è un messaggio importante in tempi di crisi, di difficoltà e di disorientamento! Questo è quello che io vedo, nella mente del Papa, come il vero significato di questo giubileo.

Che ricordo ha dell’ultimo Giubileo?
Ricordo bene il Giubileo del 2000. L’ho vissuto tutto in questa casa, dunque vicino a San Pietro. C’è stata un aria di positività continua per un anno intero con gente che era in festa, pregava, era commossa, viveva dei momenti molto belli di fede e di incontro. Ho un ricordo molto bello anche dal punto di vista umano. Noi qui, in questa casa, abbiamo fatto venire stagisti dalle diverse parti del mondo che ci hanno aiutato a trasmettere nelle diverse lingue anche in fm per i pellegrini che stavano nei dintorni. Ricordo che quando è finito il Giubileo il 7 di gennaio, sono uscito per la strada e c’era Via della Conciliazione vuota,  potevo attraversarla tranquillamente, mi sembrava di essere in un deserto perché per un anno intero avevamo avuto una vitalità bella festosa anche molto intensa. Questi ricordi hanno un grande effetto sullo stato d’animo di Padre Lombardi. L’intervista assume un taglio diverso, meno formale, molto lontano dallo stile ingessato che ci saremmo aspettati.

Il Santo Padre si è dimostrato molto sensibile nei riguardi del mondo del lavoro fino ad arrivare a dire che dove non c’è lavoro non c’è dignità. La piena occupazione è dunque un elemento irrinunciabile per la costruzione di un sistema al servizio della vita?
E’ una buona domanda. Io penso che la piena occupazione sia fondamentale nell’impostazione di una società umana giusta, ispirata positivamente e cristianamente dal punto di vista della dottrina sociale della Chiesa.

Certamente la piena occupazione deve essere un obbiettivo prioritario.
Bisognerebbe riuscire, e mi pare questo sia l’orientamento anche del Papa, ad impostare il sistema economico in modo tale che l’occupazione sia la priorità evitando che vi siano scelte che scartano il lavoro in funzione di altre “necessità”. Tra l’altro questo aspetto era già presente nei lavori dei papi precedenti. Sempre la dottrina sociale della Chiesa ha insistito sul lavoro come elemento essenziale per la realizzazione della persona. Francesco anche nei suoi grandi discorsi ai movimenti popolari, fatti sia in Vaticano sia in Bolivia - discorsi che si riferiscono alle persone o ai movimenti di persone che si sentono più ai margine della società - insiste sempre su Techo, Tierra y Trabajo (tetto,terra e lavoro). Il Lavoro è una delle 3 dimensioni fondamentali dei diritti della persona. Il Papa critica sempre la cultura dello scarto e parla spesso dei giovani senza lavoro che si sentono scartati, privi di futuro senza la possibilità di inserirsi attivamente nella società, perdendo così tempo fondamentale della loro vita che dovrebbe essere impegnato positivamente nella costruzione della loro persona, della loro famiglia e della società. Se rimani disoccupato non puoi realizzare alcuna aspirazione. Il tema della disoccupazione giovanile è uno dei più ricorrenti nei discorsi del Papa. In diverse lingue e differenti contesti nel corso dei suoi viaggi riceve interviste e promuove riflessioni su questo tema. E spesso ci va giù pesante.

In  “Evangeli Gaudium” vi è un passaggio in cui il papa scrive: “Non possiamo più confidare nelle forze ceche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi meccanismi e processi specificatamente orientati ad una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione delle opportunità di lavoro, ad una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo”. Alla luce di questo passaggio la Chiesa guarderebbe con favore al diffondersi nel mondo di programmi che offrono un lavoro dignitoso a tutti coloro che non riescono a trovarlo? Proprio in Argentina nella crisi del 2001 è stata tentata questa strada, in particolare con il piano jefes, in cui lo stato offriva un occupazione a tutti i “capi famiglia” che non trovavano lavoro. Tale programma permise anche agli indigeni, che normalmente erano esclusi dal mondo del lavoro, di maturare una continuità professionale che gli ha permesso in molti casi di venir poi assunti dal settore privato...
Chi può non vedere con favore le iniziative o i progetti per creare lavoro per chi non l’ha? Solo un criminale! Assolutamente ovvio che la Chiesa vede bene iniziative come queste.

È evidente che la chiesa veda queste iniziative in modo assolutamente positivo.
Il Papa insiste sempre molto anche sulla creatività, sull’iniziativa e sulla responsabilità. Papa Francesco è stato sempre vicino ed amico di quelle iniziative popolari tese a creare lavoro per gli emarginati. La grande intuizione  retrostante l’appoggio ai movimenti popolari sta nel riconoscere che a livello mondiale una fascia molto grande di popolazione si trova al margine del sistema economico così come funziona oggi e che sia fondamentale aiutare tale fetta della popolazione ad attivarsi, a “darsi da fare”, senza che si inneschino fenomeni di mero assistenzialismo. Questi meccanismi possono essere diversi a seconda dei contesti: le soluzioni a Bergamo potranno essere diverse da quelle adottate in Argentina od in Thailandia per esempio. Il Papa non promuove questa visione come tecnico economista ma in quanto leader morale, religioso, animatore del popolo nella responsabilità, per crescere nella dignità, sempre stimolando la partecipazione alla vita della società con una grande fiducia sulle risorse presenti nella persona umana, anche nelle situazioni difficili. C’è bisogno di solidarietà non come passività ma come sostegno di un’azione da parte di tutti. Il Papa invita ad inventare le diverse forme con cui questi progetti di sostegno al lavoro si realizzano.

Un passaggio del testo programmatico del suo pontificato recita: “…esorto tutte le comunità di avere sempre una vigile capacità di studiare i segni dei tempi. Si tratta di una responsabilità grave giacché alcune realtà del presente, se non trovano buone soluzioni, possono innescare processi di disumanizzazione da cui è poi difficile tornare indietro”. A me pare che non solo in questo passo, ma in generale nel suo messaggio, il Papa evidenzi la necessità di ripensare l’economia e di fare una riflessione.
Non solo Francesco ma anche i precedenti. Il tema di come ripensare i modelli del sistema economico era già molto insistito in una delle encicliche di Papa Benedetto. In Francesco evidentemente c’è anche un coraggio di critica della realtà attuale che, se vogliamo, è abbastanza impressionante. Se vuoi valutare, capire, giudicare i problemi del mondo di oggi, anche dal punto di vista del funzionamento dell’economia, devi metterti dal punto di vista dei poveri, da quello di coloro che ne sono fuori. Se sei inserito al centro del sistema vedrai solo la parte di questo che funziona e non sarai mai in grado di adottare una prospettiva superiore, critica, che ti permetta di portarlo avanti e farlo cambiare. Ma se invece ti metti a solidarizzare con quelli che sono ai margini del sistema, che quindi subiscono la sofferenza ed il danno di esserne esclusi, allora vedi le cose da un’altra prospettiva, vedi ciò che nel sistema non funziona. E sono moltissimi coloro che stanno fuori e stanno malissimo. Se tu stai dentro e stai bene ti dici “bhè le cose vanno bene, si va bhé, qualcuno non trova lavoro ma... pazienza... e tanti saluti.” Questo è un punto estremamente importante per comprendere il tipo di atteggiamento critico che vuole essere costruttivo. Ma che è critico.

Esiste un confronto tra la Chiesa e tutta quella parte dell’economia eterodossa, cioè quella parte dell’economia che fornisce un approccio alternativo al dominante?
Come no! Direi che Francesco è in modo abbastanza clamoroso la personificazione di questo tentativo di stabilire tale contatto e tale dialogo. Il Papa è molto vicino alle varie iniziative costruttive ed alternative che nascono al di fuori dei sistemi classici e consolidati del sistema economico. Tra l’altro esiste un dicastero competente per queste tematiche, si chiama iustitia e pax. E’ stato tra i sostenitori ed animatori di questi incontri mondiali con i movimenti popolari, l’ultimo si è svolto in Bolivia anche con la presenza di Evo Morales. La sensibilità rispetto al pensiero alternativo in economia è da iustitia e pax molto sentita. Ivan Invernizzi


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